Dalla presentazione del mio libro “Come difendersi dal fisco”, sono stato intervistato diverse volte, in televisione e non solo. Partendo dal tema della difesa dalle aggressioni fiscali, mi hanno invitato a parlare sulle politiche fiscali ed economiche del paese, ma anche dei problemi del sistema normativo, degli apparati organizzativi e burocratici dell’Amministrazione finanziaria e della pubblica Amministrazione in generale.
Qualcuno off records mi ha persino chiesto quale sarebbe la mia ricetta se fossi il ministro delle finanze.
Ora, non ho la velleità o l’aspettativa che qualcuno mi chiami a svolgere questo ruolo. Nonostante ciò, ne approfitto per mettere in chiaro i pochi punti della mia ricetta, se vogliamo chiamarla così, che è semplice e schematica.
Innanzitutto si deve urgentemente ridurre la pressione fiscale.
No a nuove imposte, né all’aumento dell’IVA, e tantomeno a forme di imposta patrimoniale, così come suggerisce l’OCSE.
Diversamente si frenerebbe mortalmente lo sviluppo stroncando sul nascere la moderata ripresa del Paese.
L’Italia è al vertice della classifica sia in termini di quantità di gettito fiscale, sia in termini di pressione fiscale rapportata al PIL. Gli altri paesi con cui si gioca questo primato sono Danimarca, Svezia ed altri paesi che offrono al cittadino servizi e forme assistenziali e pensionistiche di livello stellare rispetto all’Italia.
E questo ci porta a due ineluttabili conclusioni:
- per fare quadrare i conti occorre tagliare le spese e non aumentare le entrate (già elevatissime);
- quello che va tagliato non sono i servizi alla cittadinanza, l’assistenza o la previdenza, ma occorre intervenire senza pietà sull’enorme mole di sprechi e su privilegi.
Ho poi scoperto che questi punti, tra l’altro, sono in buona sostanza gli stessi esposti dall’economista Carlo Cottarelli nell’ambito di una intervista a Libero solo pochi giorni fa, rilanciata dalla Fondazione Einaudi.
Un altro tema cruciale, per come la vedo io, è la necessità di una profonda revisione del sistema della riscossione in Italia (e intendo, delle regole fondamentali, non un make up sul nome e sul marchio dell’agente della riscossione) rendendo il tutto meno aggressivo e meno sproporzionato.
Infine vedo l’urgenza di mettere mano alla giustizia tributaria: si deve trovare il modo per renderla più indipendente e super partes, neutralizzando una certa congenita tendenza a favorire gli uffici finanziari, e si deve trovare il modo di renderla maggiormente professionalizzata.
Proprio ora, mentre scrivo, si va verso la formazione di un governo le cui due forze principali (Lega e Movimento 5 Stelle) avevano entrambe scritto a chiare lettere nei loro programmi elettorali di ritenere urgenti proprio la riforma del sistema della riscossione e della giustizia tributaria esattamente nel senso appena detto.
La promessa sarà mantenuta? O sarà la solita promessa elettorale, destinata e cadere nel nulla?
Non ci resta che attendere e stare a vedere.