Molti sanno che in seguito alla soppressione di Equitalia (società di diritto privato) e alla sua sostituzione con Agenzia delle Entrate Riscossione (che la legge indica a tutti gli effetti come un ente pubblico), si è posto il problema (serio) della legittimità del transito del personale, e soprattutto dei dirigenti, dal vecchio al nuovo soggetto, senza concorso e quindi in contrasto con l’obbligo che si ricava in questo senso dall’art. 97 Cost.
Sulla questione pende un ricorso al TAR Lazio e il Consiglio di Stato in sede cautelare, con Ord. n. 3213/2107, il 28 luglio 2017, da un lato ha fornito un’indicazione netta sulla probabile fondatezza del ricorso, con riferimento all’univoco orientamento della giurisprudenza anche costituzionale circa l’illegittimità dell’assunzione di personale pubblico senza concorso, dall’altro lato ha ordinato al TAR di fissare l’udienza di merito con la massima urgenza e priorità.
Il TAR Lazio, ha tenuto nella massima considerazione il disposto del Consiglio di Stato, e con la reattività di una testuggine tetraplegica si è precipitato, a quasi quattro mesi di distanza, a fissare l’udienza di merito per il… 6 giugno 2018!
Il destino di questo giudizio è di fatto segnato dall’indicazione dell’Ordinanza del Consiglio di Stato: nell’improbabile ipotesi in cui il TAR decidesse di discostarsene, la palla tornerebbe ineluttabilmente al Consiglio di Stato e, in questo caso, sarebbe ancor più improbabile che Palazzo Spada decida di tornare sul proprio convincimento, non fosse altro che per la consistenza di quel macigno costituito dal principio costituzionale evocato nel corso del giudizio.
Il punto è che, tra la definizione del giudizio di primo grado, il probabile appello (quale che sia la parte soccombente) e un ugualmente probabile giudizio sulla legittimità costituzionale sulle norme (di rango legislativo) alla base del transito del personale, ci vorranno almeno un paio di anni da oggi prima che si pervenga ad un verdetto definitivo.
Nel frattempo il personale illegittimamente incaricato in seno al nuovo ente pubblico della riscossione emetterà decine di migliaia di atti, cartelle, intimazioni, preavvisi di fermo, eccetera.
Della legittimità di tutti questi atti sarà lecito dubitare, in quanto posti in essere da soggetti che potrebbero versare in una condizione di radicale carenza di attribuzioni: il che espone questi stessi atti ad una condizione di radicale nullità, ai sensi dell’art. 21 septies della L.n. 241/1990 (ossia la legge fondamentale sul procedimento amministrativo).
Dunque, si apre una lunga stagione di dubbi e ricorsi massivi: una stagione a cui è probabile che ponga rimedio solo l’ennesimo doppio salto mortale carpiato di una sentenza della Cassazione in cui si potrebbe affermare un principio del tipo, che so, che tutto sommato anche la guardia giurata privata chiamata a presidio degli edifici del neo costituito ente pubblico incaricato delle funzioni di Agente della riscossione si può considerare legittimata ad adottare atti (anche dirigenziali, perché no?) dell’ente pubblico, purchè lo faccia mentre sta indossando l’uniforme.
Insomma, qualcosa di simile a quello che è accaduto sulla vicenda degli avvisi di accertamento sottoscritti da personale cui le funzioni dirigenziali sono state miseramente travolte da una tranciante sentenza della Giustizia amministrativa in sostanza confermata dalla Corte Costituzionale con l’ormai famosa sentenza 37/2015.
In quella vicenda, infatti, la Suprema Corte ha affermato che, sì, i dirigenti saranno anche illegittimi, ma tutto sommato va bene così e gli avvisi di accertamento meritano di essere salvati.
In questo caso, però c’è una differenza non trascurabile: qui non si parla della mera attribuzione per via interna delle funzioni dirigenziali, ma della questione, ben più radicale e profonda, del crollo strutturale, e quindi dell’assenza, del rapporto funzionale tra il personale del quale si accerti l’illegittima assunzione mediante il transito “senza soluzione di continuità” e senza concorso. E non solo: qui non si parla di avvisi di accertamento, i quali sono sottoposti ad un regime normativo speciale (quello previsto dall’art. 42 DPR 600/1973).
Si parla di atti la cui formazione non può non soggiacere alle norme generali sugli atti amministrativi: cioè l’art. 4 comma 2 del D.Lgs. n. 165/2001 che impone che tutti gli atti della p.A. che la impegnano verso l’esterno devono essere adottati (non semplicemente firmati) da dirigenti di quella stessa p.A. e l’art. 21 septies di cui abbiamo già parlato, e che stabilisce che l’atto adottato in caso di radicale carenza di attribuzioni è radicalmente nullo.
Questa volta il doppio salto mortale carpiato si anticipa davvero complicato, ma la Suprema Corte ci ha abituato ad acrobazie degne del più audace dei numeri da circo equestre.
Sarà per questo che in tanti ormai sostengono che la giustizia si stia progressivamente trasformando in un vero Barnum?