Mi chiama una giornalista de La7. Mi chiede se posso rilasciare una dichiarazione in qualità di referente milanese del Sindacato forense MGA – Mobilitazione Generale degli Avvocati, da mandare in onda nella trasmissione “Tagadà”. Il tema è quello del proliferare di cause per responsabilità medica e degli studi legali che istigano a promuovere questo tipo di cause. Lo scopo della trasmissione, però, non è tanto quello di chiarire le vere ragioni del fenomeno, quanto quello di trovare un mostro da sbattere in prima pagina. In questo caso è la figura dell’avvocato..
Lo capisco subito, al punto che alla giornalista chiarisco subito che se vogliono sentirsi dire da me che gli avvocati sono avvoltoi senza scrupoli che azzardano e istigano a cause temerarie per fare cassa, si sbaglia di grosso.
Chiarisco in modo netto che lo spirito del mio intervento sarà che esistono questo tipo di situazioni limite, è vero, ma che sono figlie di un insieme di ingredienti velenosi: una situazione di diffuso bisogno della categoria degli avvocati; un quadro normativo confuso e contraddittorio al punto da diventare aleatorio e privo di certezze, generando l’aspettativa anche in quei soggetti che hanno torto palese, di poter ottenere ragione non avendola; l’innalzamento delle soglie di accessibilità al servizio giustizia, che incoraggia il ricorso a patti di quota lite e accordi economici a risultato da parte di alcuni avvocati; l’esistenza di oneri burocratici, tecnologici e formali nell’esercizio delle professioni intellettuali tali da esporre la maggior parte delle categorie professionali al rischio statistico di violazioni formali su adempimenti che non hanno alcuna effettiva rilevanza sul piano sostanziale ma che sono forieri di responsabilità; infine la assoluta mancanza di strumenti di tutela che consentano al professionista di confidare nel ragionevole conseguimento di un giusto compenso.
Tutto questo, ho spiegato coerentemente con le linee del nostro Sindacato, genera una situazione che espone ad una guerra di tutti contro tutti e aizza manipoli di professionisti disperati.
La registrazione di tutti i vari ragionamenti è durata circa un’ora. Tutti questi aspetti sono stati sviscerati.
Il risultato finale è che ieri, 11 maggio 2015, il servizio viene mandato in onda dopo altri servizi in cui si parla di altre figure che si approfittano di categorie deboli: caporali e sfruttatori di extracomunitari, operatori di strutture ospedaliere che intascano mazzette per passare funerali alle pompe funebri lucrando sul dolore dei congiunti…
A coronamento di un’ora di confronto la testata dipinge l’avvocato esattamente in questo modo: un avvoltoio che si giova dei problemi altrui, uno che fa causa al medico anche se ha ragione, perché tanto qualcosa si riesce sempre a raccogliere.
I medici sono dipinti come povere vittime esposte all’aggressione di questi vampiri e che, poverini, non possono neppure permettersi la copertura di assicurazioni, divenute ormai troppo onerose.
Vengono estrapolati forse 5 secondi di mie dichiarazioni su quasi un’ora di intervista, che non rispecchiano in nulla né le intenzioni né lo scopo di quanto dichiarato.
La cosa mi indigna: nei pochi secondi che vengono trasmessi, non si chiarisce neppure che le mie in quella sede parlo come referente di uno dei Sindacati forensi maggiormente rappresentativi, anche se è proprio in quella veste che sono stato interpellato dall’emittente. Le quattro frasi mandate in onda, se non si intravedesse una toga alle mie spalle, potrebbe averle dette qualunque passante preso per strada.
Ma soprattutto, suscita molte riflessioni in me il livello di superficialità con il quale l’informazione tratta fenomeni così delicati.
La giornalista e la redazione, non si chiedono perché le assicurazioni per responsabilità medica e ospedaliera siano lievitate al punto che molte strutture sanitarie non riescono neppure a permettersele (vedi lo scandalo dei contratti di brokering assicurativo sulla sanità siciliana)? Magari perché il livello di sinistrosità è aumentato a dismisura?
Temi del genere non si possono affrontare con la sega circolare, ma vanno approfonditi con il cesello di inchieste circostanziate, supportate da numeri e da fatti. Non dagli sfoghi di un medico in prima linea, giustamente sotto pressione, o con i luoghi comuni del politico di turno in studio.
Qui si parla della salute, della pelle della gente e della sopravvivenza di intere categorie professionali. Mica pizza e fichi.
In un momento storico in cui la stampa dovrebbe svolgere un ruolo cruciale per gettare luce e fermare le mille storture che creano fratture sociali, derive autoritarie, marciume e illegalità nei gangli delle istituzioni e della politica, in un momento in cui avremmo bisogno di gente capace di sollevare un Watergate, chi fa le inchieste scottanti resta il Gabbibbo.
Ma allora mi chiedo: chi sono i veri avvoltoi?