Il 25 aprile è una di quelle feste che scuotono le mie corde. Anche se in quel fatale 25 aprile io ancora non esistevo. Uno di quei giorni storici, come la caduta del muro di Berlino. Di quelli che, quando ci penso, capisco la differenza tra l’uomo che mi piace pensare che sono, o che almeno, vorrei essere, e quelle belve pensano di conquistare o mantenere il potere e di affermare se stesse attraverso la violenza sul proprio simile.
Una di quelle feste che ti ricordano che esistono dei valori più grandi della nostra piccola individualità, e che vivere all’insegna di quei valori ci può rendere grandi, molto di più di quello che potremmo essere, anche riuscendo ad esprimere il nostro meglio come individui.
Libertà. Uguaglianza. Fraternità.
Io non le considero parole vuote. Nonostante i tempi. Ci credo ancora.
Ebbene il 25 aprile per me suona nitidamente di Libertà, Uguaglianza e Fraternità.
Anche se il percorso per giungervi trasuda sangue e sofferenza. E certamente anche crimini, anche dalla parte dei liberatori.
Ciononostante, credo che nessuno dovrebbe rinnegare, come celebrazione, il 25 aprile, festa della Liberazione dal nazifascismo. Non dovrebbero neppure coloro i quali hanno un orientamento politico di destra, a meno che non accettino e non perseguano dichiaratamente, l’affermazione di una forma di governo di tipo dittatoriale.
Chiunque creda in una forma di governo democratica, dovrebbe festeggiare la fine di un regime dittatoriale e di forze che hanno fatto uso sistematico della violenza per limitare le libertà civili e massacrare orrendamente masse di persone, per motivi etnici, religiosi e sessuali.
Credo sia profondamente pretestuoso rievocare episodi, certamente gravi, addebitabili a gruppi partigiani. Sia perchè non c’è alcuna possibilità di paragone quantitativo con chi si è reso responsabile di iniziare una guerra imperialista, densa di sistematici crimini di guerra, sia perchè chi li evoca è consapevole del fatto che in una condizione di guerra è fatale che si verifichino episodi discutibili, gravi, delittuosi, anche dalla parte dei “buoni”.
Ora, a quanti affermano che la Repubblica sarebbe fondata su questi presunti crimini sanguinari, vorrei ricordare che la Repubblica è fondata su un referendum popolare, e su un lungo lavoro che ha prodotto una carta costituzionale di eccezionale qualità e levatura, frutto di un confronto aperto, equilibrato e democratico, in uno spirito autenticamente fondativo.
A costoro vorrei anche ricordare che il giudizio critico che oggi manifestano liberamente, e senza timore di persecuzioni, non avrebbe potuto essere espresso con una forma di governo dittatoriale, quale quella che sembrano rimpiangere.