Come scrive Andrea Pinketts in uno dei suoi romanzi, soprattutto in America, si sprecano le barzellette sugli avvocati. In Italia di barzellette sugli avvocati ne circolano di meno, ma quanto si può dire che la categoria sia autorevole e credibile? Si legge spesso che quella degli avvocati è definita come una “potente lobby”. Ma dove sarebbero i privilegi della categoria?
Le tariffe non esistono più. L’accesso alla tutela giudiziaria è sempre più scoraggiato da misure legislative che cospargono di cavillose trappole formali il percorso per ottenere giustizia e lo gravano di balzelli di ogni tipo.
Ma la domanda vera è: cosa hanno fatto gli avvocati per guadagnarsi autorevolezza e credibilità come categoria?
Forse è necessario che gli organismi istituzionali dell’avvocatura, lavorino solo per riconquistare un ruolo maggiormente rappresentativo.
Forse dovremmo farci un bell’esame di coscienza. Forse dovremmo chiederci perché l’associazionismo spontaneo ha di fatto rubato la scena agli organi istituzionali nelle battaglie per l’affermazione del ruolo dell’avvocato.
In un qualsiasi sistema in cui le regole sono complesse, non si può fare a meno di un esperto. Il consulente legale, l’avvocato, dovrebbe essere un elemento strategico nei processi di sviluppo economico.
Ora, in Italia il sistema normativo è più che complesso: è (spesso) inutilmente complicato. Eppure, nonostante questo, nel nostro paese il ruolo dell’avvocato è in crisi. Gli avvocati “poveri” sono moltissimi. I fatturati in continua flessione, e la gente, per quanto possibile cerca di ricorrere al supporto dell’esperto avvocato il meno possibile. Perché?
Le cause sono certamente molte. Il sistema giudiziario fa fatica a erogare il servizio e spesso il cliente non vede la ragione pratica di investire nelle prestazioni di un professionista se sa già che questo investimento difficilmente porterà il suo frutto.
Certamente c’è un tema che tocca da un lato la qualità delle norme, che sono di difficile gestione anche da parte dei professionisti più esperti, dall’altro lato un apparato giudiziario che riesce ad essere talmente aleatorio da inspirare sempre meno fiducia.
Leggi fondamentali, come il codice sugli appalti pubblici (un corpo normativo che ha meno di dieci anni di vita) ha subito decine di modifiche, anche importanti, con cadenza quasi annuale. Lo stesso vale per la legge sul procedimento amministrativo, o sulle norme in materia di società in mano pubblica. E non voglio neppure tentare di passare in rassegna l’infinita lista di riforme convulse, poi rimangiate, differite, svuotate di significato, neutralizzate, in tante altre materie di cruciale importanza anche sotto il profilo dell’attrattività del nostro paese verso gli investitori stranieri.
Investitori, che ormai spesso considerano il fattore del rischio legislativo e burocratico, eccessivo per avventurarsi in investimenti nel nostro paese.
In tutto questo, il messaggio che passa è che gli avvocati, nonostante tutto, siano i principali responsabili delle disfunzioni del sistema giustizia.
Interessante lo sfogo del Presidente del Consiglio dell’Ordine di Lecce, Raffaele Fatano, che in un suo intervento scrive: “Non ne possiamo più di tutti quegli interventi legislativi che individuano l’avvocato come l’unico responsabile della lentezza della giustizia. Saprete tutti che, oltre alla motivazione a pagamento ed altre amenità (ad es. filtri di ammissibilità) alle quali in questi ultimi anni ci hanno abituati, la misura più sgradevole, quella che ha generato le reazioni più veementi, è la previsione della responsabilità solidale del difensore con l’assistito per i casi di condanna ex art. 96 cpc per lite temeraria. È questa l’ennesima misura che vorrebbe punire l’avvocatura dopo la previsione di decadenze, inammissibilità, aumento spropositato dei costi (moltiplicandoli nel corso del processo) e riduzione di compensi che, negli ultimi cinque anni, hanno determinato un crollo della redditività”.
E condivido in pieno la sua posizione, laddove dice: “Ritenere, però, come anche in questi giorni è accaduto, di poter instaurare un dialogo con singoli avvocati o da parte di singoli avvocati, riuniti in assemblee più o meno spontanee, per la soluzione di problematiche, anche solo organizzative, anziché relazionarsi con l’Ordine Forense è un errore esiziale perché si dimentica un elemento essenziale vale a dire che il singolo o l’associazione parla per se stesso o per il proprio iscritto mentre l’Ordine Forense – sia che si esprima per bocca dell’Assemblea o del Consiglio – è portatore degli interessi dell’intera Avvocatura a livello locale”.
http://www.ordineavvocatilecce.it/upload/doc/notizie/Assemblea26feb14_interventoPresidente.docx
Bene, penso proprio che sia ora di muovere in direzione di una riconquista da parte dell’Ordine Forense di questo ruolo di interlocutore principale. Come? Attraverso prese di posizioni nette. Cercando anche di abbandonare visioni di breve termine, come un certo approccio protezionistico e limitante soprattutto verso i giovani colleghi che si avviano lungo il percorso professionale. All’occorrenza facendosi promotore di iniziative legislative, di campagne referendarie, di azioni giudiziarie, laddove necessario e laddove possibile.
Il seguito nelle prossime puntate…